Gamification, partiamo dal termine: com’è facile intuire deriva dalla parola “Game”, cioè gioco. Lo si sente sempre più spesso e, a mio avviso, in pochi anni sarà di uso comune, oltre al marketing, in molti altri contesti.
Si tratta di applicare regole e meccaniche (ad esempio classifiche, livelli, punteggio, barra di avanzamento, livello di difficoltà, ecc) provenienti dal mondo dei giochi. Il fine è quello di portare clienti, ma anche i dipendenti, a raggiungere determinati obiettivi, sia personali che d’impresa. Inoltre è applicabile a tutti i settori, anche all’immobiliare! Attraverso lo stimolo fornito da premi, competizioni e sfide, l’utente è coinvolto attivamente nell’attività che sta svolgendo, rendendo più semplice e più divertente il processo.
Ma a quali contesti può essere applicato?
Vediamo un esempio pratico: negli anni ‘90, per un periodo, all’interno delle confezioni delle barrette al cioccolato, i bambini trovavano indizi per poter risolvere un mistero, un enigma. Dopo averne raccolto un numero sufficiente, quindi dopo aver comprato un certo numero di confezioni, era possibile trovare la soluzione al gioco. Bisognava poi inviare la risposta: nel caso la soluzione fosse stata quella corretta, si riceveva un premio.
Questa iniziativa ha fatto vivere molti bambini un’esperienza memorabile, divertente. Tutto questo ha anche portato l’azienda al risultato sperato: aumentare le vendite delle barrette e accrescere la fidelizzazione del cliente. I bambini, inoltre, hanno vissuto un’esperienza di gioco diversa dalle altre, interagendo con il brand e sono stati coinvolti in una customer experience unica.
E oggi, la tecnologia è entrata nelle nostre vite e non possiamo farne più a meno.
Pensiamo al mobile e alle app: ne sono nate moltissime che utilizzano un gamification marketing oriented. Il “tempo” nella tecnologia corre veloce e per stare al passo, le aziende si sono adattate ai trend.
Mi vengono in mente le app per l’attività fisica: sapevi che esiste un’applicazione che simula un’apocalisse zombie e nella quale bisogna correre per procurarsi il cibo, per salvare altri superstiti e, ovviamente, per rimanere vivo? (https://apps.apple.com/it/app/zombies-run/id503519713). Oppure quella dove si donano 25 centesimi ad associazioni di beneficenza per ogni miglio percorso correndo
Ma l’esercizio fisico non è l’unico motivo per fare gamification. Sempre più piattaforme di formazione e apprendimento (e-learning) si basano su questa logica: basti pensare a quelle per imparare le lingue. Queste sono spesso con interfacce user friendly e molto giocose. Prevedono al loro interno dei medaglioni che indicano il livello, punteggio che aumenta man mano si impara qualcosa di nuovo e si seguono le lezioni online.
Negli ultimi anni i processi di gamification sono stati sempre più diffusi e massicci: sia nel recruiting, ma anche nell’engagement del personale e nella formazione aziendale. Il lavoratore maggiormente coinvolto nell’azienda lavora meglio e ottiene performance migliori.
Secondo diversi studi condotti nel 2012, si stimava che il 40% delle 1000 principali società mondiali avrebbero implementato la gamification per operazioni aziendali interne. Stare al passo è la parola d’ordine: i millennial sono nati e cresciuti a pane e videogiochi! Per questo motivo le aziende devono dire la loro al cambiamento. Si aspettano maggiore coinvolgimento, motivazione, interesse.
Inoltre la gamification può essere implementata anche nel processo di selezione del personale: infatti può essere utilizzata per completare le informazioni che riceviamo dal CV di un candidato, permettendoci di avere un riscontro sulla sue soft skill: tenacia, capacità di adattamento, problem solving e determinazione.
Per questa ragione molte aziende scelgono di arricchire i propri processi di recruitment con tecniche di gamification.
Un colosso delle crociere qualche anno fa ha inaugurato un progetto digitale che ha portato 8 studenti e giovani laureati a un contratto di stage retribuito. La modalità nel processo è stata innovativa e unica: non più attraverso colloqui standard, ma con un grande game che è stato utilizzato come imbuto di recruiting e valutazione delle competenze dei candidati.
Ovviamente la prima cosa che mi viene in mente sono i virtual tour: sempre più agenti e agenzie si stanno servendo di strumenti di virtual tour, tool che permettono all’utente di esplorare l’immobile, locale per locale, attraverso una tecnologia virtuale a 360°.
Il cliente potrà, comodamente dal divano di casa, visitare l’immobile in quanto sarà lui stesso a decidere quale stanza visitare, da quale angolazione, dove dirigersi e quale dettaglio visualizzare in ogni ambiente. Un’esperienza indimenticabile per l’utente!
I virtual tour hanno numerosi vantaggi. Ad esempio conferiscono una maggior visibilità agli annunci, perché forniscono delle informazioni uniche, a volte reperibili soltanto con una vera e propria visita.
Inoltre il cliente, ancora una volta, è coinvolto attivamente nella visita: pensa all’impatto di una semplice foto rispetto ad un tour virtuale!
Pensa al tempo che la persona trascorrerà sull’annuncio dell’immobile, captando molte più informazioni sulla casa stessa, ma anche sulle informazioni del profilo dell’agente immobiliare.
Il virtual tour chiarisce i dubbi sulla disposizione dei locali e degli ambienti: domande che spesso rimangono guardando una semplice foto o una planimetria.
Questa tipologia di strumento porta ad avere potenziali clienti più consapevoli di quello che desiderano. Potranno prenotare un appuntamento con l’agente, avendo già visionato la casa a distanza. Questo fa sì che i processi di vendita siano più veloci.
Siamo pronti a scommettere che la Gamification giocherà un ruolo di primo piano nella rivoluzione a cui stiamo assistendo ogni giorno, cambiando la mentalità degli utenti e arricchendo gli strumenti a disposizione delle aziende, in ogni contesto.
La casa dei tuoi sogni è dietro l’angolo.