Curiosità

Competo, ergo collaboro: ti racconto perché il team vince se il singolo compete

Articolo di Davide Renna 25 giugno 2019
Stimolare la competizione per rinforzare la collaborazione
Competere per ispirare gli altri

Anderson, South Carolina. Come ogni anno, i country-cross runner –  i corridori della corsa campestre - dell’Hanna High School si apprestano a dare vita alla competizione. 
La temperatura è fresca. È il giorno perfetto per correre nonostante il fondo erboso non sia dei migliori a causa della copiosa pioggia della notte precedente. La squadra è pronta, concentrata. Gli atleti scendono sul terreno, si dispongono in branco dietro la linea bianca con lo sguardo fisso in avanti. Attendono l’inizio, attendono il rimbombo dello sparo.
Il momento è arrivato! Gli atleti partono ed in pochissimi istanti i più veloci seminano i più lenti. Tutti partono, tranne uno. Ben Comen rimane indietro fin dallo sparo della pistola. Ha 18 anni e non è certo il corridore più veloce della squadra. Anzi, a dire il vero è il più lento, non ha mai vinto una singola gara. Ben ha una paralisi celebrale. 
La paralisi cerebrale influenza il movimento e l'equilibrio di Ben. I problemi fisici durano per tutta la vita. Quelli con paralisi cerebrale hanno i muscoli avvizziti e i riflessi rallentati, hanno un'andatura instabile, le ginocchia si strofinano e i piedi si trascinano. 
La squadra ormai è lontana, scomparsa all’orizzonte quando Ben si accinge a calpestare il terreno scivoloso. Passo dopo passo Ben, affannosamente, cerca di raggiungere la meta. Non è semplice, il terreno non è certo dalla sua parte e le sue gambe non funzionano come dovrebbero. Ben cade una volta, si accascia una seconda. Ma Ben non molla, è consapevole della sua forza. Vuole raggiungere il traguardo, a tutti i costi. Per se stesso, per la sua squadra. Nonostante tutto.
Il resto della squadra è giunto ormai a destinazione. I più bravi sono stati accolti da eroi, da trionfatori. Ma Ben è ancora lì che cade e si rialza. 
Ad un certo punto accade qualcosa di sorprendente. Tutta la squadra, muovendosi all’unisono come fosse un unico cuore, corre incontro a Ben. I ragazzi si posizionano alle sue spalle, lo incitano, gli fanno sentire che non è solo, gli ricordano che lui appartiene al branco, è uno di loro.
Passo dopo passo, caduta dopo caduta, Ben taglia il traguardo. Ce l’ha fatta. Ma non è né lui né i suoi compagni arrivati primi ad essere i vincitori. 
È la squadra ad aver vinto. Ben l’ha solo ispirata.

È tutta una questione di prospettiva

Se facessimo riferimento al significato etimologico della parola, scopriremmo che “competere” deriva dal latino con- e petere che significa “chiedere, andare insieme, convergere verso un medesimo punto”.
Ecco, dunque, che appare lontana l’accezione negativa spesso utilizzata, anzi abusata, nelle aziende e più in generale nella nostra società. È una questione di prospettiva, come la storia di Ben.
Ben è stato in grado di far vincere la sua squadra su tutti i fronti. Non è stato certo il primo a tagliare il traguardo e non ha battuto neppure alcun record. Non ha fatto altro che ispirare il branco a cui appartiene. Ma per ispirare gli altri occorre necessariamente combattere se stessi, i propri limiti, le proprie debolezze. Mettersi continuamente in discussione, essere severi con se stessi prima ancora che con gli altri, non fermarsi alle prime cadute ma alzarsi, scrollarsi di dosso la terra e ripartire. Competere, dunque, con il proprio ego.

La competizione crea la collaborazione

Ai più potrà sembrare una sorta di ossimoro da snobbare, ad altri un sacrilegio da condannare, ad altri ancora una formula pretestuosa di un giovane irriverente. 
Come è possibile – si chiederanno i curiosi – creare un sistema collaborativo partendo dalla competizione?
Quando la competizione è nel desiderio di fare sempre meglio e il terreno di scontro è dentro se stessi, allora a quel punto “la forza distruttrice del duello si trasforma di un atto di potenza costruttiva che ispira gli altri alla conquista del risultato”.
E se ciò avviene, gli altri sono disposti ad aiutarti. Sono disposti a tornare indietro e a non lasciarti solo, sono disposti a collaborare come è successo a Ben e la collaborazione fa vincere tutti. E ciò accade solo perché l’ispirazione genera fiducia, tutto qui.
Ma la fiducia è un’altra storia o, forse, un altro articolo.

Davide Renna

Classe 1991. Un sognatore a Milano, dal sangue salentino. Laureato in Economia e Management Aziendale, ho conseguito un Master in Business Management. Amo il mare in tutte le sue forme, ma con la voglia di apprezzare la montagna in tutte le sue vette. Un inguaribile irrequieto, rifuggo la noia. Alla continua ricerca di avventure e nuove sfide con me stesso. Il Blog è una di queste.”

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