Mercato immobiliare

Senior housing: il tempo delle mele mature!

Articolo di La Redazione 15 giugno 2020
Innovative soluzioni abitative per chi non si arrende all’età.
In skateboard a 50 anni

Senior housing: ma perché tutto questo gran parlare? Bhè.. non molto tempo fa ho incontrato un amico, mio coetaneo. Parlando di vita gli ho chiesto, visto che da ragazzi lui ne era appassionato e virtuoso: “ma tu ci vai ancora in skateboard?”. Subito ci ha girato intorno, per darsi un’immagine matura e seria, poi timidamente ha risposto: “Sto insegnando a mia figlia ad andarci…” poi si è liberato: “sì vabbhè.. ci vado ancora”. Alzi la mano chi si sente “vecchio” a questa età!

Passati i tempi in cui Cary Grant a 30 anni sembrava mio nonno, occorre prendere atto di un dato di fatto ormai incontrovertibile, riconosciuto anche scientificamente: la soglia dell’anzianità è ormai posta a 75 anni!
In televisione si sente spesso dire “un giovane ragazzo”, che implicitamente riconosce esistere “ragazzi” attempati!

Secondo i gerontologi “un 65enne di oggi ha la forma fisica e cognitiva di un 40-45enne di 30 anni fa e un 75enne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980”. Inoltre secondo l’ISTAT entro i prossimi 50 anni l’aspettativa di vita media degli Italiani aumenterà di oltre cinque anni. Ma non è un solo un fenomeno nazionale: a livello di organismi internazionali di sanità è stato elaborato l'indice di invecchiamento attivo, per misurare la possibilità degli anziani di realizzarsi pienamente in termini di occupazione, partecipazione sociale e culturale, mantenimento dell’autonomia.

L’indice è costruito utilizzando indicatori quali il tasso di occupazione, lo svolgimento di attività di volontariato, la partecipazione politica, lo svolgimento di esercizio fisico, l’accesso ai servizi sanitari, la sicurezza economica. Viene anche valutata la misura in cui l’ambiente esterno è favorevole all’invecchiamento attivo degli anziani, attraverso indicatori quali l’aspettativa di vita, il benessere psicologico, l’uso delle tecnologie, il grado di connettività.

Le rose antiche hanno anche le spine.

Nonostante questi dati confortanti, sappiamo bene che la vita è una cosa e la statistica un’altra: a fronte di molti supernonni ci sono altrettanti anziani in situazione di salute precaria o con problemi di autonomia, ancorché parziale, o più banalmente, ma non meno importante, di solitudine: il pensionamento dal lavoro, i figli prendono le loro strade ed i compagni di una vita dipartono.. ed ora che faccio? Vado a guardare i cantieri, come nelle barzellette?

Nuove idee per antichi giovani

Una risposta a questa domanda può essere il senior housing, in particolare nella forma del “senior co-housing”: soluzioni abitative definitive attraverso cui condividere spazi, domestici e ricreativi, in compagnia di persone della propria età.

Questa idea ha cominciato a prendere piede nel nord Europa e negli USA alla fine degli anni 70; solo negli ultimi anni ha cominciato ad essere oggetto di attenzione anche in Italia, da ultimo il congresso svoltosi a Milano nel novembre 2019.

Concretamente quali caratteristiche hanno le strutture destinate a queste finalità?

  • innanzitutto, essendo destinate ad anziani autosufficienti o con contenute limitazioni, hanno predisposizioni tali da consentire accessibilità agevole o facilitata;
  • sono luoghi che consentono sia momenti di vita privata autonoma che comunitaria: un villaggio di casette autonome oppure, più conforme al nostro stile di vita, uno stabile con diversi mini appartamenti; in entrambi i casi con punti di aggregazione, tipo locali comuni per svago ed incontri, nonché tali da consentire la reciproca collaborazione nella gestione della quotidianità da parte dei residenti; 
  • si ha cura che queste strutture non diventino ghetti, invece che consentano la socializzazione ed il mantenimento di uno stile di vita attivo;
  • sono predisposti servizi di assistenza base (infermeria/ambulatorio ma anche lavanderia, o mensa, o spaccio) per le esigenze pratiche dei residenti;
  • è necessaria la presenza di collegamenti efficienti con la città, perché i residenti possano continuare agevolmente a coltivare i propri interessi e relazioni.
Ma va bene per noi italiani?

Anche se non di immediata realizzabilità, sulla carta pare tutto bello. Subito vengono in mente i nonnini felici di Cocoon; poi, ripensandoci, emerge l’Italiano medio, con i suoi caratteri sociali, culturali e tradizionali. 

Sono ben diversi da quelli dei territori in cui questo modello è sorto: qui prevale ancora l’ideale di una residenzialità familiare stabilizzata e riunita intorno ad un focolare, in prossimità del posto di lavoro; diversamente da nord Europa ed USA, dove tetti e lavori si cambiano continuamente e senza remora alcuna, qui il legame con un nido domestico si recide completamente solo se e quando non sia più possibile il contrario. 
 
Forse per i nostri figli, con stili di vita più globalizzati e liquidi, slegati dall’ideale del mattone domestico, magari abituati al pendolarismo transnazionale, a cominciare dagli studi e poi durante la successiva vita lavorativa, passare gli ultimi anni con un ritorno ad una sorta di campus universitario potrà rappresentare addirittura un traguardo gratificante e atteso.

Invece per la nostra generazione, cresciuta con l’ideale della casa di proprietà, la domanda è: al netto di situazioni cogenti, davvero saremmo in grado di lasciare volontariamente la “casa comprata col sudore di una vita” per trasferirci - di passaggio - in un monolocale privo dell’imprinting della storia nostra e della nostra famiglia? Francamente la vedo difficile. 

La sfida per chi vuole lanciarsi in questo nuovo settore del mercato immobiliare, senz’altro in sviluppo e con grandi potenzialità, è individuare una via italiana al senior housing, che tenga conto delle nostre peculiarità socio-culturali e tradizionali.

La partita è aperta e chissà che tra qualche anno pensione e qualità della vita non possano trovare in questa modalità abitativa un nuovo alleato!

La Redazione